Giorgio Asproni nacque a Bitti il 5 giugno 1809. Fu lo zio a prendersi cura di lui e soprattutto a farlo studiare mantenendolo agli studi a patto che intraprendesse la carriera ecclesiastica. Studiò prima a Sassari e poi a Cagliari, dove si laureò in diritto a ventiquattro anni.
Nel 1843, mentre era canonico penitenziere del capitolo di Nuoro, insegnava teologia morale fino a quando, a causa di una controversia teologica con l’amministratore apostolico della diocesi Vareisini, nel 1847 fu costretto a lasciare Nuoro, ormai in forte contrasto col canonico a causa delle sue idee democratiche, per recarsi a Genova.
A Genova, i contatti con svariati esponenti delle correnti democratiche rafforzarono la sua convinzione che il problema italiano poteva essere risolto soltanto con un riordinamento nazionale in cui la Sardegna, a fianco degli altri stati italiani, doveva conservare la propria fisionomia. Sempre a Genova collaborò col Il Pensiero Italiano, giornale repubblicano e antipiemontese.
Alle prime elezioni del Parlamento Subalpino si presentò nel collegio di Nuoro, ma la sua elezione fu annullata perché incompatibile con la sua carica di canonico beneficiario.
Immediatamente dopo l’annullamento, fu accusato da Alberto Ferrero della Marmora di aver preso parte alla sollevazione mazziniana di Genova, incitando così gli elettori sardi a non votare per uomini accusati di repubblicanesimo o addirittura di comunismo.
Alla fine dell’aprile 1849, Asproni rinunciava al canonicato potendosi quindi presentare alle elezioni per la III legislatura e nel luglio 1849 fu eletto nel collegio di Lanusei. Da questo momento fu deputato per otto legislature.
In parlamento si schierò con la Sinistra, collaborando con Brofferio, Rattazzi, Sineo; membro di svariate commissioni, oltre che su argomenti di politica generale, intervenne anche, e con competenza, su aspetti tecnici di politica economica (questioni ferroviarie, stradali, agricole).
Irriducibile avversario di Cavour, di cui disapprovava soprattutto la politica liberistica contraria agli interessi della Sardegna, nel 1851 partecipò alla discussione sull’abolizione delle decime nell’isola, che suscitò vive proteste da parte dei clericali. Presidente della commissione d’inchiesta sull’operato dei vescovi di Torino e Acqui (accusati di non risiedere nelle sedi vescovili), nel 1852 fu tra i sostenitori dell’introduzione del matrimonio civile in Piemonte.
Da convinto democratico, Asproni individuava nel parlamento uno «spazio di libertà» che era messo a disposizione dallo stato costituzionale, all’interno del quale era possibile lavorare per accrescere la libertà stessa. In quest’ottica, Asproni riconosceva nella libertà non una condizione di «tutto o nulla», ma anzi un valore che andava conquistato gradualmente. Ciò non toglie che ancora nel periodo preunitario Asproni si identificasse con il movimento mazziniano, benché con il biennio 1848-49 le rivoluzioni europee avessero ormai esaurito la loro forza propulsiva.
Nel decennio preunitario, il principale obbiettivo del deputato Asproni fu l’indipendenza, e il suo pensiero, in sintonia con Mazzini, venne costantemente rivolto a una mobilitazione democratica. L’indole antipiemontese e la dura condanna per gli eccessi e gli abusi negli interventi repressivi in Sardegna tra il 1852 e il 1855 a Sassari, Tempio e Oschiri non gli fecero perdere di vista il vero strumento di affrancamento dall’antico regime, lo Statuto.
Il decennio successivo, fino al 1870, vide il deputato bittese in grande fermento per il completamento dell’Unità. Per certi versi egli subordinò la questione sarda a quella nazionale per la conquista di Roma capitale; non perse di vista le condizioni dell’isola, ma era convinto che senza una completa unificazione non sarebbe stato possibile un confronto sulle problematiche regionali, e dunque sarde.
In questa fase rimase determinato nel sostenere l’opportunità di un moto per arrivare a Roma, appoggiando le iniziative garibaldine del 1862 e del 1867.
Contemporaneamente all’intensa attività parlamentare, Asproni non smise mai di scrivere sui giornali democratici, nel già citato Il Pensiero Italiano di Genova, nel Il Popolo di Cagliari; nel 1850 era stato invitato da Bofferio a collaborare con La Voce della Libertà di Torino, poi ancora dal 1850 al 1860 collaborò con i giornali democratici Il Diritto e L’Italia del Popolo.
Prestò aiuto reale e attenzione politica alla spedizione di Garibaldi, partì da Genova per raggiungere i primi di agosto del 1860 Garibaldi a Palermo, dove entrò in contatto con Crispi ed esponenti democratici meridionali, come Friscia e Nicotera, per poi seguire Garibaldi a Napoli.
La situazione politica meridionale attirò così l’attenzione di Asproni che tra il 1863 e il 1867 fu collaboratore de Il Dovere e nel 1864 fu chiamato dal Nicotera a dirigere Il Popolo d’Italia a Napoli, giornale dell’Associazione Unitaria Nazionale, per poi arrivare al Pungolo di Napoli.
Negli anni 1863-67 fu intensa la sua attività in seno al movimento operaio. Nell’ottobre 1863 partecipò al X congresso delle società operaie a Parma, dove, approvato il suggerimento di Mazzini di costituire un’unica federazione nazionale delle associazioni, fu chiamato a far parte della nuova commissione permanente con sede a Genova e fu eletto nella commissione di studio sulla possibilità di attuare una banca operaia.
Nella serie di articoli che pubblicò allora su Il Dovere, dal titolo «Il Congresso degli operai italiani», conferma l’appartenenza alla stessa linea politica di Mazzini: manifesta quindi la necessità di politicizzare le società operaie, in quanto la rivendicazione di miglioramenti economici implica un atto politico; la necessità dell’educazione e istruzione, intese soprattutto in senso morale.
Dell’attività parlamentare degli ultimi anni è importante ricordare il progetto in cui proponeva che tutti i culti religiosi fossero liberi e rispettati e nessuno poteva essene impedito nell’esercizio se non attentava contro le leggi, né obbligato a contribuire a spese per alcun culto, mentre enti ecclesiastici o annessi al culto erano soppressi, e i loro beni incamerati a favore dei Comuni con obbligo per questi di alienarli; e il suo ultimo discorso dedicato al progetto di costruzione di linee ferroviarie in Sardegna.
Asproni muore a Roma il 30 aprile 1876.